Adriano Baccilieri

Specchio delle mie brame
Se la seducente qualità del ‘femminile’ (insieme al suo corrosivo doppio ‘femminista’, dialettico e complementare) alberga – identica, reciproca e reversibile – sia nell’animo di Biancaneve che in quello della Regina malvagia, in schizofrenica armonia (chi è ‘la più bella del reame’ se non entrambe?), certo Marina Bolmini è l’interprete compiuta e sottile dell’indecifrabile simbiosi; anche in chiave autobiografica, affidata a quel diario segreto che è l’opera d’arte, eloquente nel suo silenzio. Simbiosi fra ‘dolcezza femminile’ e ‘malvagità femminista’ messa in scena – qualche tempo fa rispetto al lavoro attuale – in una serie di dipinti deliberatamente laccati e zuccherosi, impeccabilmente eseguiti, che riproponevano (però in impalpabile ed efferata versione thriller) il mondo disneyano e gli scenari cinguettanti dei ‘sogni son desideri’.
Biancaneve ‘deliziosamente’ assassina; il Principe sotto tiro e ‘bersaglio’; Biancaneve a sua volta ‘bersaglio’ come in un ‘pop-cartoon’; un inatteso revolver (molto realistico e poco ‘fumetto’) intervenuto a far da guastafeste nell’eterna e stucchevole favola d’amore fra i suoi protagonisti, simbolo e strumento dell’anima ‘femminista’ di Biancaneve e del suo doppio ‘malvagio’ nell’identità della Regina.
E tutto questo ‘velato’; messo in cortina dietro pizzi e tulle che incorniciano i dipinti, finestre di un tranquillo e soffice delitto domestico sul quale la brava donnina di casa, una volta compiutolo, chiude con grazia le tendine.
Così Marina Bolmini ha recitato il ‘proemio’ di un dramma quotidiano che ora, evocato nella pittura l’archetipo disneyano proprio della sua cultura d’infanzia, ed eterno stereotipo di una condizione familiare perfetta, universalmente vagheggiata; ora, al di qua dello spazio virtuale della pittura, viene ‘reificato’ e direttamente allestito in ambiente. Antichi talenti e virtù domestiche (anima ‘femminile’ di Biancaneve) sostituiscono le tecniche artistiche tradizionali, mirabilmente praticate dalla Bolmini – del resto – nel finissimo iperrealismo cartoonistico dei dipinti, che rivisitava iconografia ed immaginario disneyano.
Così, lasciato il pennello, con analoga maestria la giovane artista impugna ago e filo per ricamare lenzuola a federe; o s’industria a riattare mobili e mensole, a confezionare barattoli di conserve ornati di tutto punto, come si conviene ad una brava mogliettina tutta casa e chiesa, ‘modello Biancaneve’ appunto.
Tutto è perfetto, lindo e caramelloso; all’apparenza: perché sotto l’apparenza gradevole, Biancaneve (sdoppiata nella personalità ‘femminista’ e maligna della malvagia Regina) dissemina veleni per ogni dove.
Così le scritte ricamate, all’apparenza memori di vecchi adagi domestici dolcemente ben auguranti, ‘home sweet home’, ‘golden dreams’, 'good morning, darling’, etc., messi a fuoco nella loro festosa trama policroma, fra ironia e provocazione dettano invece (inattesi come il revolver dei dipinti) aforismi che motivano il disagio della condizione femminile e la relativa volontà di rivalsa; l’anima della Regina dietro il volto di Biancaneve.
Ed è rivelazione; ancora un thriller predisposto: il ‘delitto domestico’ ora si compie in ambiente, nella favola del quotidiano, oltre il tempo del ‘c’era una volta’. Con la stessa incantata leggerezza, con la stessa dolce perfidia, con la stessa tagliente intelligenza.
Fra le pieghe del lenzuolo, teatro di tante antiche e moderne tragedie, l’antico tragediografo Euripide recita ‘ricamato’: “E poi, noi donne, anche se siamo le meno capaci a ben fare, siamo però di ogni mal fare le artefici più esperte”. Su una delle federe che hanno raccolto, insieme, sospiri tenerezze lacrime passioni amori felicità e sogni infranti, Otto Weininger, lui pure ‘ricamato’, testimonia spietatamente che “La donna più elevata è infinitamente al di sotto dell’uomo più infimo”.
Così Biancaneve-Regina malvagia (al secolo Marina Bolmini, in autoritratto ad identità ricongiunte) dalla federa accanto, elegantissima nel raffinato abbigliamento di stoffe colorate, rifinito con ricamo a punto erba e punto pieno, impugna ancora il revolver e... ‘Sogni d’oro’!
Resta, muta testimone dell’evento, la serie di vasetti contenenti ‘conserva d’amore’, dove fluttua, muovendosi apparentemente a tempo con chi la trascorra, l’immagine dura di un volto inquieto ed inquietante; come il riflesso sinistro di uno specchio deformante.
Ricongiunte in sé le anime di Biancaneve e della regina, Marina Bolmini se ne sta – spirito sotto spirito – in attesa del Principe, Pronta a dispensargli ‘conserva d’amore’, in forma di dolcezze o di veleni, a seconda dei casi. Intanto basta a se stessa, continuando ad interrogare: “Specchio delle mie brame...”.

Dal cataogo "Cahiers du Triangle", mostra St. Etienne, Salonicco e Bologna, 1996/1997